Le artiste nei festival italiani: Un’analisi sul gender gap in Italia e l’intervista a shesaid.so Italy


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di Gabriele Naddeo e Alvise Danesin
grafiche di
Francesco Pascale

Quante sono le artiste in lineup nei festival italiani? Come hanno risposto i festival e le rassegne musicali del nostro Paese all’anno del New Normal del Primavera Sound di Barcellona, la cui scaletta prevedeva almeno il 50% di musiciste? Abbiamo provato a rispondere anche noi a questa domanda, così come avevano già fatto Rockit nel 2015 e Noisey nel 2018, con un’analisi che – senza pretese di carattere statistico – vuole tenere vivo il dibattito sulla questione del gender gap in ambito musicale. Laddove lo studio di Rockit si concentra su pochi casi specifici e la ricerca di Noisey esamina un numero abbastanza cospicuo di festival italiani, l’analisi di Talassa prende in esame un singolo festival o rassegna musicale italiana per ciascuna regione dello Stivale. Ci interessava, in questo senso, anche capire che tipo di eventi musicali vengono organizzati da Nord a Sud, per scattare una fotografia quanto più italiana possibile, prendendo in considerazione ciascuna delle venti regioni. L’analisi ha limiti evidenti che vanno presi in considerazione prima di esaminare i dati. Per quanto riguarda la scelta dei festival abbiamo adottato questi criteri:


  1. Abbiamo scelto per ogni regione un solo evento musicale (stagione festival: autunno 2018-estate 2019)

  2. Abbiamo considerato “festival” eventi musicali con almeno 10 performance concentrate su uno, due o tre giorni consecutivi

  3. In regioni in cui non abbiamo trovato festival (segnate nella grafica) abbiamo considerato rassegne musicali con meno di 10 performance e non strettamente concentrate su, uno, due o tre giorni consecutivi.

  4. Abbiamo scelto arbitrariamente i festival/eventi che ci sembrassero rappresentativi per ciascuna regione, secondo criteri vari quali: grandezza della lineup, qualità dell’offerta, importanza del festival o – nel caso di alcune regioni senza festival – impossibilità di reperire altri eventi musicali di spessore.


Per quanto riguarda il criterio di analisi delle lineup abbiamo deciso di contare tutte le performance che prevedessero la presenza di almeno una donna. Rientrano quindi in questa classificazione anche le formazioni miste ovvero band con almeno una musicista in formazione. Oltre a un nostro breve commento alla ricerca a corollario delle grafiche, considerando la complessità del tema non era nostra intenzione correre a facili conclusioni, quanto piuttosto approfondire la questione per tenere vivo un dibattito sano e costruttivo. La ricerca perciò include anche un’intervista a Nur Al Habash, professionista del settore e parte attiva della divisione italiana del collettivo shesaid.so. In fondo all’articolo trovate poi la lista completa dei festival e delle rassegne incluse nella nostra analisi. In caso di eventuali errori o inesattezze non esitate a segnalarceli: verificheremo di nuovo e se necessario correggeremo il prima possibile.


Mappa dei festival italiani

Mappa dei festival italiani


Festival in ordine di grandezza (= numero di performance)

Festival in ordine di grandezza (= numero di performance)

Dividendo i festival e le rassegne musicali in ordine di grandezza si ha una visione più chiara della situazione. Gli eventi più grandi (e senza dubbio i più difficili da organizzare) sono quelli dove il gender gap risulta più accentuato. L’edizione 2019 del MI AMI di Milano – che ha comunque incluso in lineup il maggior numero di artiste rispetto ad altri festival di simile grandezza – prevedeva una scaletta con il 72% percento di performance maschili. Situazione simile anche per l’Home Festival di Venezia: dei 67 artisti in lineup nell’edizione del 2019, l’81% erano uomini.

Dando un’occhiata ai festival di piccola e media grandezza, la situazione è leggermente diversa. L’Ypsigrock, in questo senso, rappresenta un unicum: delle 26 performance in scaletta, esattamente la metà includono almeno una donna. In maniera simile, anche il Beaches Brew in Emilia Romagna e l’Indirocket in Abruzzo hanno puntato su lineup quasi perfettamente equilibrate dal punto di vista del genere.

Tra i festival più piccoli e le rassegne musicali, la situazione varia parecchio. Ci sono casi in cui il numero di artiste supera il numero di artisti, come per la rassegna Val di Fassa in Trentino o il Moon in June in Umbria. Tuttavia, nella maggior parte dei casi ci sono comunque più uomini che donne in scaletta. Nel complesso, nel 2019 il numero di artisti in scaletta nei festival considerati resta di gran lunga superiore a quello delle artiste.

La prima, banalissima domanda che ci siamo posti arrivati a questo punto è: perché? Soprattutto, come si può combattere nel concreto il gender gap nei festival italiani? Esistono delle iniziative volte a promuovere le artiste nei festival e, in generale, le donne nel settore musicale? Lo abbiamo chiesto a Nur Al Habash, approfittando dell’occasione per farci presentare più da vicino quella che al momento ci sembra la miglior risposta pratica al problema: la rete shesaid.so, network internazionale di donne che lavorano nell’industria musicale e che si batte per promuovere la parità di genere nel settore, organizzando eventi, rassegne, panel e incontri.

Nur Al Habash è nata a Roma nel 1986. È una giornalista musicale e esperta di music business internazionale.


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Come si può entrare a far parte della rete di shesaid.so? In che modo le associate si confrontano e dialogano nel concreto? Organizzate periodicamente delle conferenze e degli incontri?

Innanzitutto bisogna distinguere la rete internazionale di shesaid.so e i “chapter” locali, come quello italiano. Per entrare nella rete internazionale è stata recentemente lanciata una campagna di affiliazione a pagamento che dà diritto ad una serie di servizi e benefit, da annunci di lavoro selezionati a un numero di eventi e appuntamenti di formazione inclusi nel prezzo. Per entrare nei chapter locali invece basta avvicinarsi e unirsi al gruppo. In Italia, questo vuol dire entrare nel gruppo Facebook privato, che è anche la piattaforma principale dove le associate possono discutere, confrontarsi, segnalare eventi, articoli o libri interessanti, chiedere consigli ecc. Oltre a ciò, organizziamo mensilmente una serie di meeting nelle principali città italiane durante le quali abbiamo la possibilità di conoscerci e parlare di persona, bere insieme un aperitivo oppure partecipare ad un workshop (sempre organizzato da noi) e imparare qualcosa dalle altre colleghe.

Della rete di shesaid.so Italy fanno parte anche professioniste del mondo della musica che hanno lavorato e tutt’ora lavorano per importanti festival italiani. Quali sono i problemi principali da affrontare nell’ambito della direzione artistica di un festival? Soprattutto, in che modo questi temi potrebbero essere collegati o vengono usati per giustificare il gender gap?

A questo ti saprebbe rispondere meglio chi lavora nei festival. Provo però a spiegarti le difficoltà principali che abbiamo individuato un po’ tutte; in primis, ci sono numericamente meno artiste, e statisticamente quindi anche meno artiste con un grande riscontro di pubblico per ogni diverso genere musicale. Se si cercano delle headliner quindi, è vero che c’è un problema di numeri. Quello che è possibile fare però è ingaggiare artiste emergenti o con un seguito ancora contenuto per degli slot diversi da quelli dell’headliner: non è una cosa che comporta rischio d’impresa, di artiste molto brave ma poco conosciute ce n’è tante, basta solo informarsi un po’ ed essere curiosi. Ma questo è un atteggiamento che spesso manca nelle persone a cui viene affidata la direzione artistica di molti festival, che difatti finiscono per avere lineup tutte molto simili, anche a prescindere del genere (sessuale e musicale). Nell’affidare questi slot alle artiste, oltre che a ribilanciare la lineup, si darebbe la possibilità a queste musiciste di crescere e farsi conoscere, di diventare le headliner da lì a qualche anno insomma. Un altro problema è che ci sono dei filtri culturali di cui quasi mai si è coscienti che fanno sì che non ci “vengano in mente” delle artiste valide, quando in realtà ci sono. Perché allora non ci “vengono in mente”? Accorgersi di questi automatismi mentali è uno dei piccoli passi che bisogna sforzarsi di fare per migliorare la situazione. Ma per farlo bisogna riconoscere che c’è un problema e volerlo risolvere; mettersi in discussione, valutare l’ipotesi che il nostro modo di ragionare possa soffrire di qualche pregiudizio inconscio, e bisogna quindi voler migliorare la propria attitudine. Non tutti sono disposti a farlo, ecco (parlo di donne e uomini indistintamente).

Parliamo delle quote fisse. Personalmente, non ne sono un grande fan. Adottarle mi sembrerebbe una forzatura e dubito che risolverebbero il problema alla radice. Voi che pensate al riguardo? Come lo si affronta nel concreto il problema del gender gap?

Nel gruppo di shesaid.so Italy ci sono più di 1000 professioniste, per cui ci sono tante opinioni diverse sulla questione. C’è chi le detesta, chi pensa siano un male necessario, chi pensa invece che siano un bene. Non siamo un partito politico, non c’è un pensiero dominante, ci sono solo tante persone che fanno rete e discutono di argomenti che gli stanno a cuore. Personalmente, quando si parla di eventuali e immaginarie “quote rosa” rispondo che se a molti sembra assurdo si possa anche solo concepire di considerare il genere di un musicista come uno dei tanti parametri nella costruzione di una lineup, quelle stesse persone dovrebbero allora rabbrividire di fronte alla realtà dei fatti, perché queste quote esistono davvero: le lineup di festival e manifestazioni musicali si attengono da sempre a percentuali bulgare di “quote blu” in una maniera talmente schiacciante e regolare nel tempo che pensare sia una semplice questione di meritocrazia è un’idiozia, anche solo su un puro livello statistico. Immaginate quindi adesso un mondo in cui qualsiasi festival si ostini a inserire in lineup solo artiste: è una distopia spaventosa in cui ci perderemmo tutta l’arte creata dagli uomini. Giusto? Ecco, questa distopia è realtà, solo che l’arte che ci stiamo perdendo è quella delle donne. Il punto della questione quindi è solo uno: abbiamo deciso in maniera arbitraria che tutte le musiciste siano più scarse dei musicisti, che non le vogliamo ascoltare e non vogliamo lasciargli alcuno spazio? La mia sensazione è che la risposta di molti sia un “no, ma”. In quel “ma” c’è tutto l’arretramento culturale del nostro paese, tutto il cattolicesimo e il patriarcato latente nella nostra visione del mondo, testimoniato tra le altre cose dalla sconsolante 70esima posizione dell’Italia (su 149 paesi) nel Global Gender Gap Report.

Vi va di raccontarci una vostra iniziativa promossa di recente?

L’evento più recente che abbiamo organizzato è stato un workshop riservato ai membri di shesaid.so Italy riguardante il mondo del publishing e delle sincronizzazioni. Tre professioniste che fanno parte del gruppo hanno messo a disposizione di tutte le proprie competenze in materia, ed è stato veramente molto interessante. È il secondo workshop che organizziamo (il primo è stato sull’Enpals e su tutta la burocrazia legata ai live) e continueremo a farne nei mesi a venire.

Ci sono dei report, dossier o studi approfonditi sul tema che vorreste segnalare e che potrebbero essere utili per gli addetti ai lavori?

Abbiamo appena “commissionato” uno studio noi stesse, sulla situazione italiana, che verrà sviluppato da una studentessa della Sapienza per la sua tesi finale di master. Intanto possiamo segnalare questi due documenti: Il primo è uno studio sulle lineup condotto da Female Pressure nel 2017 che è commentato qui .Il secondo invece si concentra sulle statistiche riguardanti le donne negli studi di registrazione, lo si trova qui e qui c’è il commento di shesaid.so a riguardo. Inoltre seguendo la pagina fb di shesaid.so e di shesaid.so italy si rimane sempre aggiornati circa gli articoli, podcast o studi sull’argomento. In generale è interessante anche esplorare altri gruppi simili a shesaid.so (qui c’è una breve lista ) che sviluppano tutti contenuti molto interessanti.

Esiste un modo per supportare la sezione italiana di shesaid.so tramite donazioni o campagne di crowdfunding?

Non ancora, ma appena ci sarà ve lo faremo sapere! 🙂


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Di seguito la lista dei festival e rassegne musicali incluse nell’analisi: Mi Ami, Home Festival, Kappa Future Fest, Goa Boa, Meeting del Mare, Spring Attitude, Polifonic, Ypsigrock, Fat Fat Fat, Firenze Rocks, Indierocket, Beaches Brew, Concertone – Parco dei Suoni, Val di Fassa, Color Fest, Pollino Music Festival, Pordenone Blues, Musicastelle Outdoor, La musica può fare, Moon in June.