Gomma: Gli scatti analogici di Paolo Pitorri in esclusiva e il nuovo video di “Fantasmi”


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L’abbiamo fatto di nuovo. Dopo il fotoreport in analogico ai Mòn in occasione del primo anniversario di “Zama”, siamo felicissimi di ospitare di nuovo su Talassa l’obiettivo e la penna di Paolo Pitorri, fotografo romano, in occasione della pubblicazione di “Fantasmi”, nuovo singolo e video dei Gomma.

Paolo , come da tradizione, ha seguito la band campana nel backstage, prima dell’ultimo concerto a Largo Venue, approfittando per chiedere a Giovanni qualche dettaglio sul nuovo singolo in uscita e su Sacrosanto, secondo atteso album della band campana, che potete preordinare QUI.

Intervista e report fotografico di Paolo Pitorri

Il vostro secondo lavoro, Sacrosanto, sembra prendere una piega molto oscura- Già con “Verme” si percepiva un certo disagio, poi con “Fantasmi” ne abbiamo la conferma. L’idea del disco era proprio quella di far uscire qualcosa di più cupo? Invece come sono nate le idee per i due video?

Assolutamente sì. Già dai primi mesi di scrittura l’album ha cominciato ad assumere un’atmosfera molto più dark di Tocka e in effetti così è stato. Era una sensazione che stavamo percependo già da tempo e ascoltando il disco poi ce se ne rende conto: è tutto un andare verso qualcosa di sempre più oscuro, una catabasi continua.

Per quanto riguarda i video, quello di “Verme” è stato diretto da Beatrice Chima: volevamo una clip che ci riportasse in una situazione live (che è quella che ci sta più a cuore) e che sembrasse quanto meno patinato possibile, quasi un amatoriale fatto bene, il risultato ci piace molto. Quello di “Fantasmi” invece è stato diretto da Antonio Russo e l’abbiamo girato a Napoli insieme a un sacco di nostri amici, è stato divertente! L’idea ci è venuta guardando Finisterrae di Sergio Caballero e A Ghost Story di David Lowery.

 Parlavamo al concerto a Largo Venue del vostro percorso e del vostro stile musicale che per attitudine e sonorità è molto punk e non si avvicina al tipo di musica oggi in voga. Però in qualche modo siete riusciti a farvi spazio in questa scena. Come ci siete riusciti secondo te? cosa avete dato alla gente?

Non saprei, davvero. Abbiamo cercato di essere quanto più sinceri possibile e, nel frattempo, di fare sempre qualcosa che ci piacesse. Tutto il resto è venuto naturalmente.

Ricordo che durante il check e prima del concerto Ilaria aveva timore nel cantare “Fantasmi”. Forse è una domanda fastidiosa, ma secondo te, perché si sentiva così? E soprattutto, voi che scrivete la musica come percepite i testi di Ilaria? Influenzano la scrittura della musica?

Beh, semplicemente era la seconda volta che la suonavamo dal vivo! I pezzi di Tocka sono già “consolidati”, abbiamo suonato quel disco per un anno e mezzo, suonare i nuovi regala allo stesso tempo un’energia e un’ansia strana, ed è quello che ci interessa di più per ora.

Riguardo la scrittura, c’è un forte scambio. La maggior parte delle tracce è nata con la musica e poi abbiamo aggiunto il testo; per “Verme” ad esempio è stato l’opposto. Io e Ila lavoriamo insieme ai testi, solitamente, mentre per questo disco ci siamo lasciati molta più libertà reciproca: ci sono dei pezzi scritti da lei, altri da me e il resto è stato scritto insieme.

Ascoltando questi due singoli mi sembrate cresciuti, dal tipo di testi meno adolescenziali, ma anche a livello della voce che sembra diversa, molto più bassa. È voluto o forse sbaglio?

Non ci dispiace, ma non è voluto. Quando abbiamo cominciato a suonare Ila era molto più giovane e la sua crescita ha già di per se determinato il cambiamento della sua voce. In più, Tocka era un album molto “urlato” e lei usava molto più cuore che tecnica; questo l’ha portata inconsapevolmente  a danneggiare le sue corde vocali.

Avete suonato a Londra, com’è stato? Il pubblico è diverso da quello italiano? Ti faccio questa domanda perché ho come l’impressione che in Italia ci sia un certo senso di mestizia nel pubblico, del tipo che la gente non si lascia più andare. Secondo me si ascolta molto, si vive una situazione, ma non ci si lascia trasportare. Mi dici la tua?

In realtà non riesco ad essere totalmente d’accordo con te. Abbiamo vissuto sia dal palco che da spettatori situazioni in cui tutti erano molto coinvolti. Credo dipenda da vari fattori: è vero, ci sono anche molti concerti meno “partecipati” ma non avverto tutta questa mestizia di cui parli. Suonare a Londra è stato super emozionante, per noi era la seconda data all’estero…fa sempre un certo effetto.

Avete registrato da Sollo e Suriani, come è stato? La voce delle canzoni così alta, priva di armonizzazioni, secca e senza cori, staccata totalmente dalla musica  sembra quasi andare contro i canoni della vostra forma canzone, sembrate a volte pop e a volte no. Si respira un contrasto che alla fine funziona, sbaglio?

Sollo e Suri sono due persone fantastiche, è stato davvero bello fare questo disco con loro. Credo che nonostante le differenze anagrafiche veniamo tutti da mondi e ascolti abbastanza simili e non c’è niente di più bello di lavorare con persone che hanno la capacità di capire esattamente cosa hai mente e che ti aiutano a concretizzarlo. In studio con noi a darci una mano c’erano anche Alessandro Pascolo (il nostro fonico che ci segue sempre) e Francesco Angelini, quindi eravamo circondati da persone che stimiamo e non potevamo chiedere di più. L’album ha questi suoni molto scarni e crudi, non ci sono sovraincisioni ed è tutto molto “asciutto”. Lo volevamo proprio così per via di una serie di concetti che abbiamo maturato durante questo anno e mezzo di tour: cercavamo qualcosa che potesse essere riprodotto fedelmente live (essendo noi soltanto in quattro e volendo rimanere tali) e che ci convincesse senza fare ricorso a patine o fronzoli di alcun tipo; “less is more” è stato il leit motiv di questo disco.

Ultima domanda: vi sentiti portatori di qualcosa di diverso?

Non sta a noi dirlo, e in realtà non è un problema che ci poniamo. Suoniamo ciò che siamo, ci interessa solo la sincerità e il dire delle cose che per noi sono importanti. Nient’altro.

E poi, quanto vi piacciono i Verdena?

Un po’.